Ranocchio salva Tokio: quoque tu Murakami!
Quella volta che Murakami scrisse il suo Smith&Wesson.
di Nanni Schiavo
Smith&Wesson non è un libro di Murakami, a differenza di “Ranocchio salva Tokio”. Smith&Wesson è un libro di Alessandro Baricco, il peggiore a mio dire. Lasciatemi essere più preciso però, Baricco è stato per tanto tempo il mio secondo scrittore preferito, trovo alcuni dei suoi lavori bellissimi, a tratti geniali. Lasciatemi essere ancora più preciso però, malgrado l’inconsistenza oggettiva delle carte che ho imbrattato io quello che voglio dire (e che accomuna i due volumi) è qualcosa che può rilevare chiunque, persino chi non è un lettore abituale.
La truffa.
Smith&Wesson è una truffa, Ranocchio salva Tokio è una truffa. Accade che quando il nome di un autore sia diventato un marchio di fabbrica, un brand, esso possa vendere qualsiasi cosa, persino la lista della spesa e che i lettori ingenuamente lo comprino confidando nella qualità espressa nelle opere precedenti. Se il movente è ovvio, il vil denaro, il mandante è quantomeno probabile. Voglio assolvere gli autori da una parte dei loro peccati allora, credendo che ci sia un gioco delle case editrici dietro. Simile al gioco di tal musica Pop, inconsistente, in tutto fuorché nel marketing. Se questo è l’andazzo si può immaginare un futuro in cui leggerò/emo solo libri del passato.
Quello che fa di Ranocchio salva Tokio una truffa è l’inconsistenza del testo brevissimo, mascherata maldestramente da illustrazioni molto belle, tutto questo al non certo modico prezzo di 15€. Copertina sovraccoperta, pagine a colori di ottima qualità, “fuffa impubblicabile” però direbbe Jep.
Allora una domanda. Constatato che quantomeno in Italia i lettori assidui siano 2 milioni su 65 totali, perché tradire quel rapporto di fiducia che visti i numeri è diventato anche intimo? Mi risponderebbero: per i soldi. Lo capisco, non lo condivido ma lo capisco, però è un tradimento ogni volta. Perché non immaginare invece di far leva su quella intimità, farci tutti cospiratori, esigui sopravvissuti, solidali, intrepidi? Perché non farci sentire tutti dei fortunati, noi pochi. Non so se il calcolo economico restituirebbe un risultato positivo, quello etico sicuramente.
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La valutazione tiene conto del pregio delle illustrazioni di Lorenzo Ceccotti.