Chambers, l’horror dell’ignoto
Chambers è la più recente serie tv distribuita da Netflix. Creata e prodotta da Leah Rachel, vanta nel cast la presenza di Uma Thurman, cosa che, oltre a intrigare e incuriosire, fa comunque ben sperare. Ed infatti alla base della serie ci sono molte concezioni, credenze e religioni che si intrecciano tra loro fino ad alludere e a sentire aleggiare nell’aria un’oscura organizzazione, che va sulla scia di una setta. Sciamani, meditatori, veggenti e rituali fanno da sfondo alla personale e stravagante storia principale.
Ambientata in New Mexico, Chambers segue la vicenda di due ragazze totalmente diverse tra loro: Sasha (Sivan Alyra Rose), una ragazza umile di origini navajo, e Becky (Lilliya Reid), bianca e bionda che proviene da una ricca famiglia. Il loro destino si incrocia quando Sasha, dopo un grave infarto, riceve in trapianto il cuore della giovane rampolla della famiglia Lefreve, fino a quel momento sconosciuta. Da quel momento le vite delle due protagoniste di Chambers iniziano inquietantemente a sovrapporsi: Sasha, cercando di scoprire i motivi della morte della sua donatrice, inizia ad assomigliarle sempre di più, riportando a galla la sua memoria, diventando vittima di allucinazioni e arrivando a darle voce, in modi a dir poco sinistri. Complice di questa sovrapposizione di auree e di anime è la vicinanza della famiglia Lefreve: Ben (Tony Goldwyn) e Nancy (interpretata dalla già citata Uma) faticano ad accettare la morte della giovane figlia e cercano di alleviare il dolore, facendo entrare Sasha nella loro vita e tenendola legata a loro grazie a doni molto generosi. Tuttavia, è il fratello Elliot (Nicholas Galitzine) ad aiutare Sasha ad avvicinarsi alla verità e a farle scoprire che Becky nascondeva più segreti oscuri di quel che poteva immaginare. Al fianco della protagonista, che man mano si sente risucchiata in un vortice di confusione e malvagità, rimangono Big Frank (Marcus LaVoi), lo zio che l’ha cresciuta, il fidanzato TJ (Griffin Powell-Arcand) e l’amica di sempre Yvonne (Kyanna Simone Simpson), che non si arrendono nonostante le difficoltà e i dubbi sulla veridicità di quel che sta accadendo.
In Chambers tutti i personaggi, principali e secondari, sono approfonditi e studiati, ma non per tutti si riesce a delineare con convinzione un’introspezione psicologica forte e profonda. La trama, la musica e la fotografia concorrono insieme a classificare il genere della serie tv con un mix micidiale: l’horror si combina con fantascienza, il dramma e il thriller dando vita a un convincente paranormale che riesce a mantenere un costante livello di agitazione.
Il team dei registi di Chambers, formato da giovani già esperti nel mondo della televisione e del cinema tra cui il più noto è Ti West, cattura l’attenzione dello spettatore tramite la composizione dell’inquadratura e i movimenti di macchina e crea tensione sfruttando gli zoom e gli angoli inclinati, concedendosi anche dei primi piani drammatici. I tratti più interessanti curati dalla regia sono il susseguirsi di scene reali e allucinazioni senza avere la possibilità di capirlo nell’immediato e la ripetizione di alcune tra le parti più salienti e importanti per renderle complete analizzandone e mostrandone tutti i punti di vista dei personaggi coinvolti.
La narrazione e la sceneggiatura non seguono, però, lo stesso ritmo e la stessa linearità.
Le buone premesse della trama di Chambers e dell’antefatto spesso si perdono in sotto-trame forzate e implausibili, che vengono iniziate e poi dimenticate o rimangono irrisolte e irrisolvibili. Si rimanda tutto agli ultimi episodi, in cui il climax di tensione esplode, introducendo un colpo di scena che riesce a lasciare lo spettatore incuriosito, in vista di un’eventuale seconda stagione. Il tempo che la Rachel si prende per tracciare le atmosfere e i misteri, troppe volte risulta perso: sembra quasi che la narrazione sia prolungata e ci avrebbe guadagnato se circoscritta a meno episodi.
Nonostante la paura e il fascino dell’ignoto e delle pratiche religiose magico-rituali che spaziano dallo sciamanesimo alle sette spirituali e sataniche, si ha l’impressione che Chambers sia troppo carica di temi, elementi e riferimenti, che a volte vengono solo sfiorati e mai approfonditi come meriterebbero, tirando e lasciando troppo in ballo.
La serie horror, senza infamia e senza lode, è un prodotto riuscito a metà. Gli ultimi episodi, scevri e liberi dai pesi delle sotto-trame e da alcuni elementi superati e abbandonati, sembrano prendere una direzione più chiara, che va verso il soprannaturale, abbandonando il mistery e i rituali tradizionali.
La seconda stagione di Chambers, se confermata, potrebbe, quindi, giovare di questo alleggerimento.